Fin dalla notte dei tempi l’uomo ha dato al sangue il significato di “principio della vita”, avendo sperimentato come un’emorragia potesse arrecare un danno serio alla salute o anche la morte. In molte civiltà antiche vari riti magici utilizzarono il sangue, ma non sappiamo con certezza se, in epoca remota, sia stata tentata una vera trasfusione uomo – uomo, per esempio presso gli egiziani o i romani.

La prima trasfusione tra uomo e uomo, storicamente documentata, fu praticata nel 1492 a favore di papa Innocenzo VIII “sacrificando” tre giovani  che, nonostante questo, oltre a perdere la propria vita, non riuscirono nemmeno a salvare quella del Pontefice.

Dopo quest’episodio, seguirono oltre 400 anni di tentativi sporadici, qualche volta con risultati disastrosi altri con benefici di scarsa rilevanza.

Attraverso questi esperimenti i ricercatori che si sono dedicati alla raccolta e trasfusione del sangue affrontarono numerosi problemi: dalla scelta del tipo di sangue, venoso o arterioso, da animale o donatore umano, alla quantità di sangue da trasfondere ed alle modalità d’infusione (strumenti, velocità d’infusione, mezzi per evitare la coagulazione, ecc.).

Un centinaio di anni dopo il primo tentativo, il naturalista Andrea Cesalpino scopre la differenza tra sangue venoso e sangue arterioso; inizia quindi un serio studio per la possibilità di effettuare le trasfusioni.

A metà del 600 in Inghilterra si sperimentarono le prime trasfusioni tra animali, mentre in Francia, Jean Denis, prova quelle fra animali ed uomo: muoiono tutti dopo gravi disturbi mentali, debolezza, febbre alta, paralisi, cause dovute alla non conoscenza ancora dei gruppi sanguigni.

Solo nel 1667 a Roma, Guglielmo Riva, chirurgo del Papa Clemente IX, compiendo tre trasfusioni da agnello ad uomo riesce a salvare due persone. E’ però l’eccezione che conferma la regola, tanto che l’anno successivo questa pratica viene proibita per Decreto. Si incomincia allora a sperimentale la possibilità di sostituire il sangue con sostanze chimiche liquide (nitro, olio tartarico), iniettandole nei cani, ma anche questi tentativi furono destinati al fallimento.

Trascorsero quasi 150 anni prima che la trasfusione sanguigna venisse di nuovo affrontata dal medico ostetrico inglese James Blundell che la riesumò nel 1818 nell’intento di combattere le gravi emorragie da parto. La ripresa delle trasfusioni di sangue, a questo punto solo da uomo a uomo, portò a risultati spettacolari e ad incidenti mortali.

La letteratura medica ci narra che dal 1840 al 1875 registrò, su 317 trasfusioni, una percentuale del 50% di mortalità dovuta a tre cause principali: emboli per sangue coagulato, inquinamento da germi, batteri, tossine per mancanza di asepsi e trasfusione incompatibile.

Si dovrà attendere i primi del 900, quando grazie alla determinazione dei Gruppi Sanguigni e del fattore RH, furono gettate le basi scientifiche e tecniche della trasfusione moderna.

Primi tentativi